Giovanni 8:58

Questo versetto nella 'Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture' [TNM] è reso così:

"Gesù disse loro: "Verissimamente vi dico: Prima che Abraamo venisse all’esistenza, io ero".

Il greco letteralmente tradotto suona così:

"Disse a loro Gesù Amen Amen io sto dicendo a voi prima di Abraamo di divenire io sono".

La maggior parte delle versioni bibliche rinomate (NIV, TEV, REB ecc.) rendono l’ultima parte delle parole di Gesù "Io sono".

Innanzitutto va affrontata questa critica testuale, vale a dire: "La TNM traduce le parole greche ‘ego eimi’ ‘Io sono’ ogni volta che compaiono nel testo (Giov. 6:35, 41; 8:24; 13:19; 15:5 ecc.), eccetto che in Giovanni 8:58, in cui le traduce "Io ero". Qual è la ragione dell’incoerenza di questa traduzione? Se ‘ego eimi’ fosse stato tradotto in Giovanni 8:58 come in ogni altro versetto in cui appare, come dovrebbe essere reso in Giovanni 8:58?"

Qui va detto che questa domanda poteva essere posta soltanto da chi non ha conoscenze di greco biblico. Più avanti vedremo che altre versioni traducono ‘ego eimi’ ‘Io sono’ nei versetti summenzionati, tranne che in Giovanni 8:58, esattamente come fa la TNM. Perché l’accusa di ‘incoerenza’ non è stata fatta a queste altre traduzioni? Basilarmente ‘eimi’ nelle scritture citate sopra è la ‘copula’ o ‘connessione’ tra il soggetto e il predicato della frase. Talvolta il predicato è presente, altre volte è implicito e dev’essere dedotto dal contesto. ‘Eimi’ in Giovanni 8:58 non ha la funzione di ‘copula’, ma è parte del predicato.

La TNM è stata criticata per aver tradotto ‘ego eimi’ ‘Io sono’, che in greco è al tempo presente, con il perfetto ‘Io ero’. La prima cosa che la maggior parte dei critici non fanno è quella di non avvertire i loro lettori che la TNM non è la sola a tradurre in questo modo. Se notate che una critica sulla versione TNM non riferisce che altri traduttori e traduzioni sono in sintonia con la versione TNM, provate a chiedervi 'Perché?' Chiedetevi se stanno cercando di informarvi o disinformarvi. Se vi stanno dando l’opportunità di fare una scelta totalmente informata o se vi stanno portando a una conclusione predeterminata, nascondendovi intenzionalmente alcuni fatti importanti.

Questo non sempre si può dire di quelli che dissentono dalla versione TNM, come ad esempio Robert M. McCoy nel suo articolo contenuto nel Andover Newton Quarterly, Gennaio 1963, nel quale egli così si esprime su Giovanni 8:58 della TNM:

"Dal punto di vista puramente grammaticale, la lezione non è accettabile, dato che il tempo di eimi si trova al presente…Per dire "Io ero", Giovanni avrebbe usato il perfetto en."

Questo è il suo sincero punto di vista, però è un argomento valido contro la TNM?

Confrontate ciò che McCoy ha scritto con quello che David J. A. Clines, professore di studi biblici, Università di Sheffield, Inghilterra, mi scrisse nel luglio 1995:

"È fuor di dubbio che il greco significhi ciò che Lei dice: "Io sono". Quelle versioni [Moffatt, Goodspeed, C.B. Williams] che presentano qualche differenza [rispetto alla KJV ecc.] tentano di armonizzare il greco con le nostre espressioni idiomatiche inglesi. Io penso che ego eimi sia il naturale modo greco di dire: ‘Io ero e sono ancora’"; se avesse detto ego en, avrebbe potuto significare ‘Io ero, ma non lo sono più’, quindi non penso che debba attribuirsi uno speciale significato all’uso del tempo presente. Nondimerno, non sarei sorpreso che, suggerendo ‘Io sono’, nell’uso del tempo presente", ci sia una certa allusione al nome di Yahweh".

Quindi McCoy ha semplicemente torto nel dire che Giovanni avrebbe dovuto usare "il perfetto en" per dire "Io ero". Notate il commento corretto col quale Cline sostiene qui in Giovanni 8:58 che "il naturale modo greco di dire è ‘Io ero e sono ancora’". Questo "Io ero" è appunto il significato che dà la TNM, non è vero? È anche interessante che Cline dica questo, poiché la Contemporary English Version [CEV] rende Giovanni 8:58 "Io ero e io sono". Questo è insieme ‘passato e presente’. Vedremo se Gesù alludesse al nome divino!

Cline aggiunge:

"Non direi che una traduzione come quella di Moffatt che usa il perfetto sia in qualche aspetto ‘sbagliata’, al contrario, penso che questo genere di traduzioni nella lingua inglese siano buone, dato che la qualità di una traduzione dipende dalla sua intelligibilità nella lingua di destinazione. Però può esistere una dimensione nella lingua greca che non è possibile riprodurre in una traduzione inglese col tempo perfetto, e il lettore può notarla se si rende conto della stranezza di ‘Io sono’. Quindi, nel complesso, è una questione scabrosa, ma io stesso sono lieto di ritenere che entrambe le traduzioni siano ‘corrette’".

Notate che Cline pensa che una traduzione del tempo presente "Io sono" in Giovanni 8:58 col tempo al perfetto sia "corretta". È interessante che egli dica che il perfetto usato qui può non riprodurre ogni sfumatura del greco. Questo è ciò di cui Furuli parla di continuo nella sua analisi dei tre modi in cui "ego eimi" è stato tradotto:

          1. "Io ero"
          2. "Io sono"
          3. "Io sono stato".

Citando Furuli:

"La verità è che non c’è alcuna possibilità di tradurre questo passo greco in inglese in un modo strettamente letterale, poiché il greco è una lingua aspettuale, mentre l’inglese no… Confrontando le suddette traduzioni, possiamo notare che ["Io sono"]… non soddisfa alcuno dei quattro requisiti [grammatica, intelligibilità, fedele comunicazione del messaggio, aggiunta di elementi], mentre ["Io ero"] e ["Io sono stato"] ne soddisfano tre dei quattro. La mia personale preferenza è per ["Io sono stato"]… poiché non distorce il messaggio come fa ["Io ero"]. ('The Role of Theology and Bias in Bible Translation', pagg. 237, 238) [Il ruolo della teologia e dei pregiudizi nella traduzione biblica]

Furuli quindi mette in risalto che la traduzione di questo passo da parte di McKays "Io sono stato in esistenza da prima che Abraamo fosse generato" è migliore rispetto a tutte e tre.

Quella che segue è una lista di molte altre versioni inglesi che nel versetto summenzionato non traducono al presente ‘ego eimi’, in modo che possa essere accolta da qualche opera critica onesta, a beneficio del lettore che voglia verificare l'attendibilità della TNM:

Quindi, ho trovato interessante la lezione contenuta nella Contemporary English Version [CEV][Versione inglese contemporanea] (1995) che dice quanto segue: "…perfino prima che Abraamo fosse, io ero e sono", poiché l’espressione "Io ero e sono" potrebbe essere ritenuta dal lettore come l’equivalente di "Io sono stato"! Però è ovvio che non si può dire che i traduttori pensino che qui Gesù non stesse rivendicando un ‘Titolo Divino’, poiché la loro nota in calce a Giov. 8:24 mostra ciò che essi pensano: "Io sono: Per il popolo giudeo il santissimo nome di Dio è "Yahweh", che può essere tradotto ‘Io sono’. Nel Vangelo di Giovanni ‘Io sono’ è usato qualche volta da Gesù per mostrare che egli stesso lo è"." Io cito questa versione e i suoi commenti per mostrare che secondo l’intendimento di questi sostenitori della trinità Gesù avrebbe dovuto essere più che un uomo durante la sua vita terrena, vale a dire un ‘uomo-Dio’. Che Gesù rivendicasse di essere "Yahweh" in Giovanni 8:58 e in altri passi è oggetto di controversia, e non soltanto da parte dei testimoni di Geova. Chi non è d’accordo con i commenti della CEV è pregato di leggere una lettera privata più sotto cliccandoci sopra. [collegamento ipertestuale]

Quindi, la seguente accusa da parte del Christian Apologetics and Research Ministry [Apologetica cristiana e ministero della ricerca] [CARM] si mostra troppo superficiale:

"I testimoni di Geova negano che Gesù sia Dio. Così, quando si deve tradurre e interpretare i versetti biblici per evidenziare la divinità di Gesù, i TdG fanno ogni sforzo per sostenere il loro falso presupposto. Talvolta arrivano perfino a tradurre versetti in un modo che non è compatibile con la grammatica e col contesto biblico. Nella Bibbia dei TdG, nota come la Traduzione del Nuovo Mondo (TNM), Giovanni 8:58 è un versetto che essi hanno tradotto in modo da adattarlo deliberatamente alla loro teologia".

C’è da stupirsi se qui lo scrittore del CARM pensasse che anche C.B. Williams, che ritengo fosse battista, James Moffatt, Edgar Goodspeed e almeno alcuni dei membri del comitato traduttori della New American Standard Version [NASV] [Nuova Versione Standard Americana] arrivassero a "fare ogni sforzo per sostenere i loro falsi presupposti". Questo non è possibile, poiché i suddetti traduttori non erano né testimoni di Geova né rifiutavano di credere che Gesù fosse "Dio". A meno che, ovviamente, questi altri avessero i loro propri "falsi presupposti"! Quindi, rispondendo alla suddetta accusa che Giovanni 8:58 sia un versetto che la TNM dei testimoni di Geova "ha tradotto in modo da adattarlo deliberatamente alla loro teologia" e "che non è compatibile con la grammatica e col contesto biblico", possiamo facilmente constatare che tale accusa è totalmente infondata e fuorviante. Verrebbe anche voglia di dire inventata, e certamente non attinente ai fatti! Quale accusa lancerebbe lo scrittore del CARM contro le convinzioni di McKay e BeDuhn? Se lo scrittore ricorresse a tali tattiche, il lettore dovrebbe essere diffidente verso altre sue affermazioni.

Ad ogni modo, cosa fa sì che la suddetta lista di versioni/traduttori li faccia tradurre ‘ego eimi’ differentemente da molti che dicono "Io sono" o perfino "IO SONO"?

Questo ha a che fare con la struttura della proposizione greca, struttura alquanto frequente nelle Scritture Greche Cristiane (SGC). La Traduzione del Nuovo Mondo con riferimenti (1984) ha un’appendice molto informativa su Giovanni 8:58. Essa dice in parte:

"L’azione espressa in Gv 8:58 iniziò "prima che Abraamo venisse all’esistenza" ed è ancora in corso. In tale contesto eÁm« (eimì), prima persona singolare del presente indicativo, si può correttamente tradurre con un tempo passato come l’imperfetto indicativo o il passato prossimo. Esempi della stessa costruzione sintattica si trovano in Lu 2:48; Gv 5:6; 14:9; 15:27; At 15:21; 2Co 12:19; 1Gv 3:8".( Appendice pag. 1584 6F Gesù - In esistenza prima di Abraamo)

Se esaminate tutti i testi citati sopra, noterete che quelle versioni che traducono ‘ego eimi’ ‘Io sono’ in Giovanni 8:58, non trattano questi altri nello stesso modo. Esaminiamo Giovanni 15:27 nella New International Version [NIV]:

"E voi pure dovete rendere testimonianza, perché siete stati con me dal principio".

Il testo greco letteralmente dice:

"e voi comunque state rendendo testimonianza che dall’inizio con me voi siete".

"Voi siete" traduce il greco ‘este’, che è la seconda persona plurale del presente indicativo di ‘eimi’. Se si traducesse letteralmente in modo da rendere: "…perché voi siete con me dal principio", non si farebbe onore alla grammatica. La ragione per cui "Voi siete" (Greco ‘este’) dovrebbe essere (ed è stato) tradotto in inglese al tempo perfetto [passato prossimo in italiano] "Voi siete stati", è che questa struttura della proposizione è "un presente di un’azione passata ancora in corso". L’appendice summenzionata prosegue nel citare da A Grammar of New Testament Greek [Una grammatica del NT greco] di J.H. Moulton quanto segue:

"Il Presente che indica la continuazione di un’azione nel passato e fino al momento in cui si parla ha praticamente valore perfettivo, e la sola differenza è che l’azione è concepita come ancora in corso (Burton § 17). È frequente nel NT [Nuovo Testamento]: Luca 2:48; 13:7; 15:29; Giov. 5:6; 8:58; 14:9; 15:27; Atti 15:21; 26:31; 2 Cor. 12:19; 2 Tim. 3:18; 2 Pietro 3:4; 1 Giov. 2:9; 3:8".

Prendendo in esame il riferimento che Moulton fa a Ernest De Witt Burton nella sua Syntax of the Moods and Tenses in N.T. Greek [Sintassi dei modi e dei tempi nel greco del NT], ‘I tempi’ par. 17, pag.10, leggiamo:

"17. Il presente dell’azione passata ancora in corso. Il presente indicativo accompagnato da un’espressione avverbiale indicante durata e riferito a un tempo passato è talvolta usato in greco e anche in tedesco per descrivere un’azione che, iniziando in un tempo passato, è ancora in corso nel tempo in cui se ne parla.

L’idioma inglese richiede in tali casi l’uso del perfetto".

Nuovamente, A Manual Grammar of the Greek New Testament [Manuale di grammatica greca del NT], di Dana e Mantey, MacMillan, 1927, pag. 183, dice:

"Talvolta il presente progressivo è retroattivo nella sua applicazione, indicante ciò che è iniziato nel passato e continua nel presente. Per dirlo meglio, possiamo definirlo il presente *durativo*.

Quest’uso è generalmente associato a un avverbio di tempo e può essere espresso al meglio col perfetto inglese. [passato prossimo o imperfetto in italiano] "Voi site stati (tempo presente) con me dall’inizio" Giovanni 15:27".

Sopra: Riproduzione di "Syntax of the Moods and Tenses in N.T. Greek" di Ernest De Witt Burton. Quest’opera è stata citata da J.H. Moulton nella sua "A Grammar of New Testament Greek" nel discutere i presenti durativi come l'esempio di Giovanni 8:58.

Chiunque può vedere che questo è attinente a tutte le scritture citate in questa pagina. Nell’esempio di Giovanni 15:27 "l’azione" "voi siete", iniziata nel passato ("dal principio"), è ancora in corso nel momento in cui viene menzionata, nel presente. I discepoli erano stati dal principio col loro maestro fino al momento in cui egli pronunciò quelle parole. Quindi, la traduzione più naturale e migliore potrebbe essere come quelle fatte dalla NIV e da quasi tutte le altre inglesi (confr. qui la KJV [Versione del Re Giacomo]).

In Giovanni 8:58 abbiamo la stessa struttura della frase. In risposta alla domanda riportata al versetto 57: "Non hai ancora cinquant’anni, e hai già visto Abraamo?", Gesù replicò, come riferisce Giovanni, che egli era esistito da prima della nascita o esistenza di Abraamo. Il tempo presente "Io sono" è ‘modificato’ dall’espressione "Prima che Abraamo divenisse" e quindi è un altro esempio di presente di azione passata ancora in corso. Quindi, ripeto, la più naturale e pertanto migliore traduzione in inglese sarebbe: "Prima che Abraamo venisse all’esistenza, io sono stato", o come suggerisce un erudito: "Io sono stato in esistenza da prima che Abraamo nascesse". McKay, "’Io sono’ nel Vangelo di Giovanni, "Expository Times 197.10 (1996), 302 (Clicca qui per leggere quella parte dell’articolo che ha diretta attinenza a Giovanni 8:58. Notate che McKay lo descrive come una ‘estensione dal passato’, ma ha lo stesso significato d un ‘presente di azione passata ancora in corso’ e anche nel proseguo dell’articolo egli sfata il presunto collegamento di ‘Io sono’, fatto da Gesù, con Esodo 3:14 LXX, vedete sotto).

Forse vorrete vedere i commenti del Dr. Jason BeDuhn in una sua lettera privata di risposta alla mia, in cui ho chiesto la sua opinione sul modo migliore di tradurre Giovanni 8:58, e che mi ha consentito di pubblicare.

(Notate il riferimento alla rivendicazione di essere esistito da prima di Abraamo e la reazione dei Giudei in 8:59; altri commenti contenuti nei link suesposti, e anche ciò che segue)

In dissertazioni di profonda erudizione fatte non solo su Giovanni 8:58 ed ‘ego eimi’ nei Vangeli io suggerisco i seguenti eccellenti libri e documenti originali, nei quali si discute anche sulla frequente supposizione di un collegamento fra Giovanni 8:58 ed Esodo 3:14 LXX;

In ultimo, ancora su Giovanni 8:58 si dovrebbe dire che alcuni suoi commentari spesso cercano di 'spiegare' che qui Gesù stia affermando di essere sempre esistito e che perciò dev'essere Dio.

Tuttavia, questi tentativi di sostenere questa controversia non sono altro che ragionamenti filosofici senza alcun fondamento scritturale. Come si è detto:

"Questo versetto in se stesso non dice per quanto tempo Gesù esistette prima di Abraamo. Ma secondo i trinitari vuol dire che Gesù esiste dall’eternità. Un esempio tipico di ciò è quanto dice un commentatore: "È importante osservare la distinzione fra i due verbi. La vita di Abraamo era condizionata dal tempo, e perciò ebbe un inizio temporale. Pertanto, Abraamo venne all’esistenza, o nacque [genésthai, greco]. La vita di Gesù era da e per l’eternità. Di qui la formula io sono [egò eimí, greco], per esistenza assoluta, senza tempo".

Da dove proviene in realtà tale ragionamento? L’Encyclopædia of Religion and Ethics di Hastings spiega:

"Il cristianesimo assimilò dalla filosofia greca, e fino a un certo punto sviluppò indipendentemente, l’idea profonda e fruttuosa della distinzione fra tempo ed eternità, e fra divenire ed essere. Dichiarata esplicitamente per la prima volta da Parmenide, verso il 500 a.C. . . ., è elaborata in modo molto particolareggiato da Platone, verso il 390 a.C., specialmente nel Fedro e nel Simposio"". Svegliatevi! 1977 22/2 pag. 25 (La cristianità prende a prestito da Platone)

Giovanni 8:59 dice: " Perciò raccolsero delle pietre per lanciargli[ele]; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio". TNM

La reazione dei Giudei rivela che essi credessero che Gesù stesse rivendicando un titolo divino nell'usare le parole "Io sono"?

Su questo punto così commenta William Loader in The Christology of the Fourth Gospel, Structures and Issues [Cristologia del IV Vangelo, strutture e questioni]:

"La disputa con i Giudei s'intensifica nel resto del capitolo 8. Gesù si difende ancora, usando termini familiari a noi dalla struttura centrale: 'Ciò che io ho presso il Padre, lo dico e ciò che voi avete udito dal padre, non lo fate' (8:38); 'adesso cercate di uccidere, un essere umano, che vi ha detto la verità che ha udito da Dio' (8:40); 'Se Dio fosse vostro Padre, voi mi amereste, perché io sono uscito dal Padre e sono venuto qui; non sono venuto di mia propria volontà, ma egli mi ha mandato' (8:42). Gesù non cerca la sua propria gloria, ma quella di Dio (8:50, 54). 'È il Padre mio che mi glorifica, colui che voi dite sia vostro Dio, e voi non lo avete conosciuto, ma io lo conosco. Se io vi dicessi che non lo conosco, sarei bugiardo come voi. Ma io lo conosco e osservo la sua parola' (8:54f). La disputa giunge al culmine quando Gesù asserisce di possedere una preesistenza: 'Prima che Abraamo venisse all'esistenza, Io sono' (8:58). E poi, il preciso significato di 'Io sono' dipenderà da fattori estranei al brano più prossimo. Il tentativo di lapidazione (8:59) potrebbe suggerire un uso blasfemo del nome divino, ma non necessariamente né qui né altrove. Significa soltanto la stupenda affermazione: Io sono in esistenza da prima di Abraamo" pag.48.

A pag. 52 egli aggiunge:

"In 6:20; 8:25, 28 e 58 Gesù usa l'assoluto 'ego eimi' (letteralmente 'Io sono'). In 8:25, 28 il contesto favorisce il significato 'Io sono ciò che affermo di essere', inteso nei termini di uno schema rivelatore (come in 8:28). In 6:20 Gesù identifica se stesso: 'Sono io (non uno spirito)' e in 8:58 il testo non significa altro che 'Io sono ed ero in esistenza prima di Abraamo', ancora una maestosa affermazione, ma non un'allusione al nome divino…"

Poiché quelli che vedono nelle parole di Gesù in Giovanni 8:58 un riferimento ad Esodo 3:14 LXX, sono condizionati nel modo in cui traducono il passo di Giovanni, è necessario trattare questo punto con una breve dissertazione.

 

ESODO 3:14, EBRAICO/LXX

"Io sono" cambiato in "Io mostrerò d'essere". La revisione oscura la connessione fra il titolo che Dio stesso si attribuisce e ciò che Gesù dice di essere in Giovanni 8:58, cioè uguale a Dio, e che i TdG rifiutano di riconoscere".

Così si esprimono i critici della TNM su Esodo 3:14. Essi credono che "Ehyeh" tradotto "Io mostrerò d'essere" non sia una traduzione, ma una "revisione". Guardiamo adesso come questo versetto "ehyeh asher ehyeh" è stato tradotto da altri traduttori/traduzioni.

"E Dio disse a Mosè, Io diverrò qualunque cosa mi piaccia. Ed egli disse: Perciò dirai ai figli d'Israele, Io Diverrò mi ha mandato a voi". Emphasised Bible, J.B. Rotherham.

"…Io sarò ciò che sarò…" - James Moffatt

"…Io sarò ciò che sarò" - S.T.Byington

"…Io sarò ciò che sarò" - I. Leeser

"Io continuerò ad essere ciò che sono stato sempre" - J. Washington Watts

"Io sarò ciò che sarò" - Revised Standard Version/New Revised Standard Version - traduzione alternativa

"Io sarò ciò che sarò - New International Version - traduzione alternativa

"Io sarò ciò che sarò" - The Revised English Bible (1989) - traduzione alternativa

Questa lista potrebbe continuare a lungo.

Condannando la TNM come una "revisione", i critici condannano similmente le versioni citate sopra.

Una nota della TNM con riferimenti dice:

"IO MOSTRERÒ D’ESSERE CIÒ CHE MOSTRERÒ D’ESSERE". Ebr. %*³È 9;v %*³È (´Ehyèh ´Ashèr ´Ehyèh), l’espressione con cui Dio chiama se stesso; Leeser: "IO SARÒ QUEL CHE SARÒ"; Rotherham: "Io diverrò qualunque cosa mi piaccia". Gr. Egò eimi ho on, "Io sono L’Essere", o "Io sono Colui che esiste"; lat. ego sum qui sum, "Io sono colui che sono". ´Ehyèh deriva dal verbo ebr. hayàh, "divenire; mostrar d’essere". Qui ´Ehyèh è all’imperfetto, prima persona sing., e significa "Io diverrò", o "Io mostrerò d’essere". Qui non si fa riferimento all'autoesistenza di Dio, ma a ciò che egli ha in mente di divenire nei confronti di altri. Cfr. nt. a Ge 2:4, "Geova", dove un verbo ebr. affine, ma diverso, hawàh, compare nel nome divino. (pag.86)

A conferma che la nota in calce citata sopra sia corretta possiamo leggere altrove quanto segue:

"Tale traduzione [in inglese] "Io sono ciò che sono" sembra essere inammissibile per la ragione che i verbi [ebraici] qui sono all'imperfetto. 'Io sono' è tradotto normalmente quando il verbo ebraico è al perfetto, ma non quando è all'imperfetto…Questa traduzione mette la spiegazione del nome in relazione con i patti fatti da Dio con i patriarchi. Come tale pone la base per assicurare la presenza e il sostegno di Yahweh. Questo pensiero è esplicitato nel versetto successivo e il nome proprio Yahweh, il memoriale, è reso sinonimo della descrizione "Io continuerò a essere ciò che sono stato sempre". Questo descrive una riaffermazione della fedele promessa di Yahweh di osservare i patti stipulati con Abraamo, Isacco e Giacobbe". - J. Washington Watts, professore di Vecchio testamento, Seminario teologico battista di New Orleans, 1930-1968. A Distinctive Translation of Exodus With An Interpretative Outline [Una traduzione caratteristica di Esodo con profilo interpretativo], 1977, pagg. 140, 141.

"La traduzione 'Io sono' è doppiamente falsa: il verbo è sbagliato, essendo al presente; e l'idea è sbagliata perché 'sono' [in una traduzione sbagliata] è usato nel senso di un'esistenza essenziale. Tutte le interpretazioni basate sull'ipotesi che il nome sia il nome del Dio autoesistente ed assoluto, di cui 'ho on' nella LXX è la più notevole illustrazione, devono essere scartate…la natura e il tempo del verbo [ebraico] non consentono tale ipotesi". - A.B. Davidson, The Theology of the Old Testament, [Teologia del VT], in "The International Theological Library", [Biblioteca teologica internazionale], 1920, pag. 55.

"La maggior parte dei contemporanei si attengono all'interpretazione di Rashe [Shelomoh Ben Yishaq c. 1040-1105] nel tradurre 'Io sarò ciò che sarò' , vale a dire che non esistono parole che riassumano ciò che Egli vuol essere per il Suo popolo, ma la Sua eterna fedeltà e immutabile clemenza si manifesteranno sempre più nel guidare Israele. La risposta che Mosè riceve con queste parole equivale perciò a 'Io salverò nel modo in cui salverò'. Serve a rassicurare gli Israeliti del fatto che Egli li avrebbe liberati, ma non rivela il modo in cui lo intende fare". - J.H.Hertz, The Pentatech and Haftorahs, 1950, nota in calce ad Esodo 3:14.

"Il significato del nome divino (vers.12) è ripetuto ed ampliato, la libertà di Dio dalla storia ed il suo controllo sono evidenziate dalla frase: "Io sarò ciò che sarò". - Oxford Study Edition The New English Bible, nota in calce.

Rotherham (la cui traduzione è citata sopra) aggiunse questa nota ad Esodo 3:14:

"Hayah ['essere', radice di 'ehyeh'] non significa 'essere essenzialmente o ontologicamente [cioè, ciò che Egli è basilarmente o che Egli esiste], ma in senso straordinario [cioè, ciò che Egli farà]…sembra che secondo il punto di vista dello scrittore "ehyeh and yahweh siano la stessa cosa: che Dio sia 'ehyeh' 'Io sarò' quando parla di sé , e yahweh 'Egli sarà' quando è menzionato da altri. Ciò che egli sarà è lasciato inespresso: Egli sarà presso di loro come soccorritore, rafforzatore e liberatore". - Prof. A.B. Davidson, in Hastings Bible Dictionary [Dizionario Biblico di Hasting], Vol. II, PAG 199.

La Traduzione dei LXX in Esodo 3:14 identifica Geova Dio come "ego eimi ho on" "Io sono l'Essere". Egli è "ho on", non "ego eimi". Kenneth L. McKay scrisse:

"La traduzione dei LXX era stata fatta per il beneficio di un crescente numero di Giudei di lingua greca un paio di secoli prima, ed è naturalmente la versione del VT a cui si fa normalmente riferimento nel testo del NT, e certamente la più conosciuta dai primi lettori del Vangelo di Giovanni. La sua traduzione di Esodo 3:14 è più fedele all'intendimento dei traduttori giudei piuttosto che alla forma esatta dell'ebraico: ego eimi ho on…Ho on apestalke me, che tradotto letteralmente diventa 'Io sono colui che esiste' e 'colui che esiste mi ha mandato'. Quindi le parole ego eimi qui sono il pronome enfatico e la copula, come nella maggior parte dei brani citati sopra [dal Vangelo di Giovanni]; e ho on rappresenta una frase relativa che nella sua prima apparizione sarebbe hos eimi e nella sua seconda apparizione sarebbe hos esti, ma la più naturale traduzione di entrambi sarebbe 'colui che è (che realmente esiste)', col significato basilare del verbo (messo così in risalto), non come una semplice copula. In nessuno dei due casi c'è alcuna possibilità d'inserire un enfatico ego. Quindi le parole enfatiche usate da Gesù nei brani citati sopra [incluso Giovanni 8:58] sono perfettamente naturali nei loro contesti, e non ricalcano le parole di Esodo 3:14 nella versione greca normalmente citata. Perciò è alquanto improbabile che siano state usate nel NT per dare quel significato, anche se molte delle moderne versioni (inglesi) dei brani pertinenti, seguendo la forma delle parole ebraiche, possano suggerirlo". - The Expository Times 107.10 (1996), pag 303.

Decisamente, è scadente l'esegesi che tenta di collegare le parole di Gesù in Giovanni 8:58 con Esodo 3:14 LXX.

Una riproduzione della traduzione di Giovanni 8:54-59 fatta da Charles B. Williams nel suo The New Testament, A Private Translation in the Language of the People, Chicago, Moody Press 1956.

Su questa traduzione Julius R. Mantey ha fatto il seguente commento:

"La traduzione del Dr. Williams possiede meriti insoliti e senza pari, non solo nel tradurre i tempi, ma … ha superato con successo tutti gli altri traduttori del NT nel riprodurre il significato dei verbi greci".

Mantey ha reso pubblico il suo profondo dissenso dalla TNM sul tradurre "ego eimi" "Io sono stato" in Giovanni 8:58, mentre Williams, come si è notato poco sopra, lo traduce "Io esistetti". Se Mantey dissente da Williams su questo punto, lo tace. Perché? Questo suscita seri interrogativi su quale merito abbia la critica di Mantey nei riguardi della TNM.

 

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