Calvi, Sindona e il Vaticano
Dal Vaticano al ponte dei Frati Neri | |
La tragedia
di un uomo che non riuscì a far quadrare i bilanci di Sindona e conosceva troppi segreti
di Oltre Tevere |
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Vincenzo Tessandori QUANDO lo trovarono, a Londra, alle 8 del mattino del 18 giugno
82, Roberto Calvi aveva 62 anni ed era un banchiere affermato e chiacchierato.
Troppo affermato e troppo chiacchierato. Una settimana prima era come evaporato da Roma.
Quel venerdì di fine primavera il traffico sulle acque del Tamigi era intenso, qualcuno
vide penzolare un lungo fagotto scuro sotto larcata del Black Friar Bridge, il ponte
dei frati neri, fra quello di Waterloo e quello di Southwark, quasi a metà fra il
Parlamento e la Torre, a 50 metri malcontati dalla vecchia redazione del «Times». Il
fagotto era il corpo di un uomo, non molto alto, pochi capelli, nessun segno particolare.
Appeso per il collo, da quel momento il termine suicidio diventò anche un verbo.
Transitivo: qualcuno, quelluomo, lo aveva suicidato. Secondo il passaporto si
chiamava Gianfranco Calvini. Un anonimo benestante: oltre al documento, nelle tasche cerano
aveva anche gli occhiali e banconote straniere equivalenti a 20 milioni di lire. Avrebbe
dovuto avere con sé una borsa di pelle: era finita nelle mani di Flavio Carboni, il suo
collaboratore più fidato, verrà aperta da Enzo Biagi in diretta tivù parecchie stagioni
più tardi e sarà una delusione. Alle spalle di quel corpo sospeso, ma non la videro
subito, si allungava unombra che pareva aver origine dalla più misteriosa delle
nebulose: quella chiamata Mafia. In un certo qual modo, dieci anni prima lui aveva
ereditato la gestione del Banco Ambrosiano da Michele Sindona e con quella anche lincarico
di far quadrare bilanci che presentavano un buco di 250 milioni di dollari, del 74.
Non fu fortunato, o non fu abile, oppure non poté lavorare come avrebbe voluto. Fatto è
che nell81 quel buco si era allargato a 1200 milioni di dollari e lui venne
arrestato e processato per una serie di reati valutari da far tremare i polsi. Tornato
libero era riuscito in un mezzo miracolo, o forse in un miracolo intero: aveva trovato il
denaro per tamponare il debito, che toccava i 1400 milioni, di dollari, naturalmente, in
scadenza dal 30 giugno 82. Ma se aveva giocato tutto su quei numeri, solo allultimo
momento si era accorto che non sarebbero usciti. Così, aveva deciso la fuga. Non è una
tragedia solo italiana quella rappresentata a Londra: ma, per un motivo o per laltro,
tutti i personaggi, sono legati allItalia. Ci sono gli spregiudicati banchieri con
la tonaca, cè Sindona, che più tardi verrà arrestato per la Manhattan Bank e
condannato a 25 anni per il crollo della Franklin Bank di New York: forse è lui il
cervello maligno che dirige il gioco più costoso, ma quando non servirà più, il 22
marzo 86, prima che gli venga in mente di parlare, lo uccidono nel carcere di
Voghera . Calvi era anche chiamato «il banchiere di Dio» per via di certi legami non
superficiali con la Santa Sede e prima di partire per il suo ultimo viaggio, aveva scritto
una lettera a Giovanni Paolo II, e il sapore delle parole è quello di una richiesta
precisa: «Sono stato io che su preciso incarico dei Suoi autorevoli rappresentanti, ho
disposto cospicui finanziamenti in favore di molti paesi e associazioni politico religiose
dellEst e dellOvest, ho coordinato in tutto il Centro e Sud America la
creazion e di numerose entità bancarie, soprattutto allo scopo di contrastare la
penetrazione e lespandersi di ideologie filo-marxiste. Molti sono coloro che mi
fanno allettanti promesse di aiuto a condizione che io parli delle attività da me svolte
nellinteresse della Chiesa; sono proprio molti coloro che vorrebbero sapere da me se
ho fornito armi o altri mezzi ad alcuni regimi dei Paesi del Sud America per aiutarli a
combattere i nostri comuni nemici e se ho fornito mezzi economici a Solidarnosc o anche
armi e finanziamenti ad altre organizzazioni dei Paesi dellEst. Ma io non mi faccio
ricattare... ». Però, si fece ammazzare, forse da quelli che volevano parlasse. |
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