Cattolici polacchi
I POLACCHI VOLTANO LE SPALLE AI PARTITI CATTOLICI: SONO "DISONESTI"
VARSAVIA-ADISTA. La Polonia non vota più per i cattolici, il suo cuore torna a battere per gli ex-comunisti. Le elezioni politiche dello scorso 25 settembre parlano chiaro: il 41% circa delle preferenze è andata ai Socialdemocratici, guidati da Leszek Miller, un vecchio duro del partito comunista, seguiti a grande distanza dai liberalconservatori (11%) di Unione Civica (il nuovo partito creato quest'anno dall'ex ministro degli Esteri del governo uscente Andrzej Olechowski), dal Sindacato dei contadini, (9,9%) e da una serie di correnti minori legate ai cattolici conservatori di destra. Scompare, invece, dal Parlamento, Solidarnosc: il partito e il suo leader storico Lech Walesa non hanno raggiunto il quorum minimo del 5%.
Il vero sconfitto della competizione elettorale rimane comunque il premier uscente Jerzy Buzek, leader dei cattolici conservatori di Azione elettorale-Solidarnosc, il partito di centrodestra al governo, nato da una costola dell'ex sindacato di Walesa. Il suo schieramento non ha retto al grave dissesto finanziario, agli scandali dei suoi ministri e agli irrigidimenti dei gruppi clericali antiabortisti e contrari all'inserimento della Polonia nell'Unione Europea.
"I partiti cristiani non hanno governato bene. Sono dei disonesti", "hanno dimostrato mancanza di professionalità in tutti i campi", "ovunque si licenzia, la democrazia è debolissima", sono alcuni commenti raccolti a Varsavia dal settimanale francese cattolico "La Croix" (21/9) alla vigilia delle elezioni. I cittadini polacchi si dichiarano stanchi della difficile situazione economica, della corruzione degli uomini di governo, dei continui scontri tra le numerose correnti di destra che si sono venute creando sulla scia della crisi del partito conservatore. Gli ex comunisti, invece, hanno saputo rinnovarsi sotto l'impulso dell'attuale presidente polacco, Aleksander Kwasniewski che ne ha guidato la transizione verso la socialdemocrazia convertendo il partito ad un neoliberismo moderato e all'apertura all'Europa, e offrendo l'immagine di un partito compatto e dinamico.
A nulla è valso l'estremo tentativo della Chiesa cattolica polacca di salvare il potere ai clericalconservatori, inviando, poco prima delle elezioni, a tutte le Chiese del Paese, una lettera in cui la Conferenza episcopale faceva appello ai fedeli perché non votassero per il Sld: "una società cattolica - intimavano i vescovi - non può sostenere un gruppo politico che dichiara apertamente la sua intenzione di introdurre delle leggi che eliminano il diritto alla vita". Un po' lo stesso errore commesso nel '91 quando, chiedendo di votare per i partiti che "rispettano i valori cristiani", la Chiesa polacca riuscì ad alienarsi parte della popolazione senza peraltro impedire alla socialdemocrazia di andare al potere. E oggi sono in molti in Polonia, riferisce "La Croix", a pensare che "la Chiesa non dovrebbe occuparsi di politica".
Il nuovo premier Leszek Miller, che promette ai polacchi "finanze sane, più attenzione ai problemi sociali della piccola gente, senza dimenticare il traguardo europeo", in realtà ha ereditato dal centrodestra un Paese in crisi: i costi sociali della modernizzazione sono stati alti e la Polonia si ritrova con un deficit di 20mila milioni di dollari e una disoccupazione del 16%, parametri inadeguati per entrare nell'Unione Europea entro il 2004. Obiettivi difficili da raggiungere, tanto più che Miller non può contare su una maggioranza assoluta e deve scendere a compromessi o con il partito liberalconservatore di Olechowski o con il Sindacato dei contadini, in entrambi i casi non sarà facile perché se i primi sono aperti all'Europa ma contrari allo Stato sociale, i secondi sono fortemente antieuropei e l'alleanza con loro si è già rivelata estremamente complessa nel '93.
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