Commissione Olocausto
(aggiornato il 26/07/01)25 luglio 2001
Articolo messo in Rete alle 11:27 ora italiana (09:27 GMT)
Il silenzio di Pio XII sulla deportazione degli ebrei da parte dei nazisti fu colpevole? Su questo doveva indagare la commissione formata da storici cattolici ed ebrei che ha sospeso i lavori |
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CITTÀ DEL VATICANO (CNN) -- I lavori della commissione mista di storici cattolici ed ebrei che indagava sul ruolo di papa Pio XII durante l'Olocausto sono stati sospesi. Il gruppo ha gettato la spugna affermando di non poter giungere a conclusioni "credibili" senza l'accesso agli archivi della Santa Sede che custodiscono i documenti sull'attività pontificia durante la Seconda Guerra mondiale, negato dal Vaticano.
La commissione congiunta fu creata nel 1999 dal Vaticano e dal Comitato internazionale ebraico per le consultazioni interreligiose proprio per gettare luce sul silenzio di papa Pacelli, in via di beatificazione, di fronte al piano nazista di sterminio degli ebrei.
Nell'autunno dello scorso anno, dopo quasi un anno di studi, la commissione aveva steso un rapporto dal quale emergevano una serie di punti "oscuri" sull'operato del Vaticano e in particolare sull'atteggiamento personale di Pio XII. Fu quindi chiesto l'accesso agli archivi papali per un approfondimento. Il 21 giugno scorso è arrivata però agli storici la risposta negativa della Santa Sede. Nella lettera il cardinale Walter Kasper, presidente della pontifica commissione per il dialogo con gli ebrei, offriva alla commissione di avere dei colloqui con gli studiosi del Vaticano di Pio XII e suggeriva di esplorare altri archivi per cercare alcune delle risposte agli interrogativi rimasti aperti.
I ricercatori hanno reso nota la decisione di sospendere i lavori in una lettera diffusa alla stampa e firmata sia dai tre storici di fede ebraica sia da quelli cattolici: "Senza una risposta positiva alle nostre aspettative - si legge nella missiva - per quanto concerne il materiale custodito negli archivi e finora mai pubblicato, noi non possiamo dare credibilità al nostro lavoro".
Secondo Eugene Fischer, coordinatore per i cattolici della commissione ed esponente della Conferenza episcopale statunitense, il Vaticano ha negato la richiesta degli studiosi di avere accesso agli archivi solo per "motivi tecnici": i documenti datati dal 1923 in poi "semplicemente non sono stati ancora rilegati o catalogati". "Non è in questione 'se' li apriranno, ma piuttosto 'quando' " ha sottolineato Fischer.
Ma il coordinatore degli studiosi ebrei resta scettico. Seymour Reich, presidente del Comitato interreligioso, ha detto di essere rimasto "deluso che la Santa Sede abbia respinto una richiesta avanzata da studiosi, metà dei quali cattolici".
Il direttore del Congresso mondiale ebraico (Wjc) Elon Steinberg ha definito il rifiuto del Vaticano "una profonda pecca morale" in quanto "ogni Stato europeo, eccetto la Santa Sede, ha aperto i propri archivi sul periodo in questione". "Con profondo dolore - ha aggiunto Steinberg - dobbiamo dedurre che il Vaticano intende mantenere il vergognoso silenzio di Pio XII".
Un esponente cattolico della commissione, monsignor Gerald Fogarty, non crede però che il Vaticano stia nascondendo informazioni che potrebbero rallentare il processo di beatificazione di Pio XII.
"Ritengo senz'altro che l'apertura degli archivi ci avrebbe consentito di chiarire molti lati ancora oscuri dell'atteggiamento del Papa nei confronti degli ebrei - ha detto Fogarty - ma dubito che ci siano tra i documenti prove compromettenti".
Fino ad ora gli esperti della Commissione hanno lavorato solo sugli undici volumi degli "Atti della Santa sede durante la Seconda Guerra mondiale", curati da alcuni padri gesuiti oltre 30 anni fa su incarico dell'allora papa Paolo VI che voleva difendere la memoria del suo predecessore Pio XII dalle "infamanti accuse " di aver tenuto un atteggiamento colpevolmente silenzioso sull'Olocausto.
Con il contributo di Ansa e AP
Contro il Vaticano
(tratto da www.ilcorriere.it del 24/07/2001)
Gli ebrei bloccano la commissione sull’Olocausto
GERUSALEMME - E’ crisi profonda nel dialogo tra ebrei e cattolici sull’annosa questione del comportamento tenuto dal Vaticano durante l’Olocausto. La risposta negativa un mese fa da parte della Santa Sede alla domanda di una Commissione mista di studiosi ebrei e cattolici di aprire gli archivi vaticani per il periodo relativo alla Seconda Guerra Mondiale sta scatenando nuove polemiche e ha ora condotto all’annuncio da parte della stessa Commissione di «bloccare i lavori» per protesta. «E’ un fatto grave. Sono profondamente sconcertato, deluso. Quasi due anni di studio sprecati davanti al muro del silenzio vaticano», ha commentato ieri per telefono da New York al Corriere Seymour Reich, direttore del Comitato ebraico per le consultazioni con le altre religioni. E ha aggiunto, abbandonando i toni diplomatici: «Con il crescere degli attriti ritengo che la Chiesa debba davvero rinviare qualsiasi progetto per la beatificazione di Pio XII».
Un problema che sembra far regredire il dialogo inter-religioso di diversi anni. L’enciclica sulla Shoa, pubblicata il 16 marzo 1988, generò numerose proteste da parte ebraica, che giudicò «insufficiente» il documento vaticano. Si giunse così nell’autunno 1999 a creare una Commissione Storica Internazionale, composta da 3 storici cattolici e altrettanti ebrei, incaricata di esaminare gli 11 volumi di documenti diplomatici vaticani relativi al periodo 1939-45 già pubblicati dal 1965 al 1981. I 6 storici si misero subito al lavoro e nell’ottobre 2000 pubblicarono il «Rapporto Preliminare», una relazione di 22 pagine contenente ben 47 domande - alcune delle quali particolarmente imbarazzanti per la Chiesa - per rispondere alle quali chiedevano di poter accedere agli archivi del Vaticano. La risposta negativa è arrivata il 20 giugno a firma del Cardinale Walter Kasper, di recente nominato alla presidenza della Commissione pontificia per le Relazioni con gli Ebrei.
Da qui la reazione della Commissione Storica Internazionale: «Il nostro lavoro sugli 11 volumi è terminato, abbiamo bisogno di accesso a nuovi documenti per continuare le ricerche».
Lorenzo Cremonesi
12 gennaio 2001
Articolo messo in Rete alle 14:42 ora italiana (13:42 GMT)
In un campio di sterminio nazista |
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NEW YORK (CNN) -- Il Congresso ebraico mondiale (Cem) ha reso noto un documento che ritiene mostri il doppio standard morale di Papa Pio XII durante la Seconda guerra mondiale. Il Cem è impegnato in una campagna per impedire che Pio XII venga beatificato.
Il documento, di quattro pagine, risale al 1945 ed è la copia di un testo redatto da monsignor Giovanni Battista Montini, che allora era il 'ministro degli esteri' vaticano e che sarebbe poi diventato pontefice con il nome di Paolo VI.
Nel testo, consegnato al servizio estero degli Stati Uniti nel 1945, vengono dettagliatamente denunciate violenze compiute dalle truppe sovietiche contro i tedeschi residenti nel settore orientale di Berlino. Tra le altre cose si afferma che i sovietici uccisero centinaia di persone dando fuoco alle loro abitazioni.
Elan Steinberg, direttore esecutivo dell'organizzazione ebraica, afferma che la denuncia vaticana dei crimini commessi dai sovietici contrasta con la mancanza di una condanna del genocidio nazista durante la guerra.
"In certo senso è un capo d'accusa della doppia morale praticata da Pio XII - ha detto alla Reuters Steinberg - Il Vaticano non ha avuto esitazione nel accusare correttamente i sovietici di atrocità, ma ha tragicamente mancato di fare altrettanto a proposito dell'omicidio di ebrei durante l'Olocausto".
A giudizio di Steinberg, il documento redatto da monsignor Montini - considerata la sua alta carica nella gerarchia vaticana - riflette le inclinazioni di Pio XII.
Le organizzazioni ebraiche si oppongono alla beatificazione di Pio XII perché ritengono che il suo aver mancato di usare la propria autorità morale pubblica nel denunciare le atrocità del nazismo sia un triste esempio di come l'Europa tradì gli ebrei.
La Chiesa ha invece difeso il pontefice affermando che egli lavorò dietro le quinte per salvare gli ebrei e impedire che i nazisti compissero ulteriori atrocità. Pio XII fu Papa dal 1939 al 1958.
Secondo Steinberg il documento firmato da monsignor Montini, declassificato dagli Archivi nazionali americani nel 1998, non era finora reso pubblico. L'autunno scorso un comitato composto da tre studiosi ebraici e tre cattolici rese pubblico un rapporto in cui veniva esaminato il ruolo del Vaticano durante l'Olocausto. Gli studiosi affermarono che esistono "prove che la Santa sede fosse ben informata sin dalla metà del 1942 circa il moltiplicarsi di omicidi di massa di ebrei".
Con il contributo di Reuters
27 ottobre 2000
Il Vaticano |
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ROMA (Ansa) -- La richiesta di mettere a disposizione tutti i documenti in possesso del Vaticano, quarantasette punti che analizzano aspetti da approfondire, e la certezza di non dover "difendere né i cattolici né gli ebrei", ma di dover fare gli storici e "rispondere al mandato affidatoci di far luce sulla verità storica". La commissione mista di storici cattolici ed ebrei che ha lavorato per comprendere la posizione di Pio XII e della Santa Sede nei confronti del nazismo, ha presentato un suo rapporto preliminare - in parte anticipato ieri da Le Monde - durante una conferenza stampa tenutasi oggi a Roma.
Alla presentazione erano presenti i due coordinatori della commissione - Eugene Fisher, del comitato ecumenico e interreligioso della Commissione episcopale degli Usa, e Seymour Reich, dell'International Jewish Committee for interreligious consultations (Ijcic) - e i sei studiosi, tre cattolici e tre ebrei: Eva Fleischener, il gesuita Gerald Fogarty e il reverendo John Morley, l'esperto di studi sulla Shoah Michael Marrus, Robert Suchecky dell'università di Bruxelles e Robert Wistrich dell'università ebraica di Gerusalemme.
Gli storici, che in questi giorni hanno incontrato vari esponenti della Santa Sede, si dicono "fiduciosi" in una risposta positiva del Vaticano alla richiesta di ulteriori documenti, e convinti di poter continuare il loro lavoro.
"Non abbiamo ovviamente ancora avuto risposta alla richiesta di ulteriori documenti - ha chiarito Reich - perché la Santa Sede dovrà analizzare il nostro rapporto, e capire come muoversi e non è una cosa che si possa fare in un giorno". "Siamo lontani - ha specificato poi il reverendo Morley - dalla polemica altissima che ha spesso offuscato una serena ricerca: l'ultima cosa che pensiamo è di essere di parte, e di dover difendere qualcosa o qualcuno; siamo coscienti della difficoltà della Santa Sede a definire un giudizio storico su questo tema, e inoltre i documenti possono essere variamente interpretati".
Deportati nei campi nazisti |
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La cattolica Eva Fleischner ha chiarito la sua opinione su Pio XII: "Le aspettative sul ruolo che questi poteva giocare contro il nazismo sono molto alte, più che verso qualsiasi
altro leader, inoltre papa Pacelli credeva nel ruolo della diplomazia, che pure ha le sue regole e i suoi limiti". "Probabilmente - ha aggiunto - non comprese che per fermare la micidiale macchina distruttiva del nazismo serviva altro che la preghiera e la diplomazia: in questo senso reputo che fu più diplomatico che profeta".
La "formazione da diplomatico" di Pio XII e la sua preoccupazione di "difendere in prima istanza la libertà della Chiesa" sono stati ricordati anche da padre Fogarty.
Bernard Suchecky ha ricordato che "l'anacronismo è grande nemico della storia: non possiamo applicare alla Santa Sede dell'epoca la visione del mondo che abbiamo oggi". Suchecky ha poi ricordato come "l'antigiudaismo cattolico è stato messo in questione solo dal concilio Vaticano II".
Michel Marrus ha invitato invece a distingure tra ''informazione e consapevolezza: le notizie sui misfatti nazisti erano in possesso della Santa Sede come degli altri governi, ma la consapevolezza richiede più tempo". Morley gli ha fatto eco aggiungendo che "nel '42 tutto il mondo era a conoscenza delle deportazioni, e il Vaticano - come gli altri - si chiedeva cosa fare e come farlo, e non parlava".
Nessun dubbio da parte della commissione mista, anche dopo gli incontri di questi giorni con i cardinali Cassidy e Laghi e con monsignort Mejia, di poter proseguire serenamente le ricerche. "Sappiamo - ha commentato Fisher - che la Santa Sede rispetta la libertà degli studi e ne sta dando esempio in ogni occasione".
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