Domenicale: connubi tra spada e Vangelo
Su il Domenicale in edicola sabato 8 febbraio, una riflessione storico-critica sullimpegno dei cristiani di fronte alla guerra.
Mentre su Avvenire Ernesto Galli della Loggia stigmatizza il pacifismo a senso unico di certo movimentismo cattolico e Famiglia cristiana divide il gregge con un sondaggio che chiede di scegliere fra Bush e il Papa, di fronte ai ripetuti appelli di Giovanni Paolo II alla pace il settimanale culturale diretto da Angelo Crespi ha affidato un approfondimento del tema allo storico militare Alberto Leoni. Il quale tratteggia un profile del miles Christi, dallimpero romano a Carlo Magno, dalle crociate alla difesa di Bisanzio.Ne emerge che l'opzione della guerra non è stata, nel passato, mai radicalmente esclusa dalla dottrina e dalla pratica del cristianesimo. Il calendario della Chiesa è, anzi, punteggiato di festività che celebrano trionfi militari: dalla Guerra della Vera Croce vinta dall'imperatore Eraclio, al successo riportato da Giovanni Hunyadi e da san Giovanni da Capistrano contro i musulmani sotto le mura di Vienna, fino allepopea di Lepanto.
Insomma, nessuna paura del connubio fra spada e Vangelo. Sempre in difesa, però, come testimoniano i mille atti di eroismo di cui si è gloriata la Cristianità.Anche nell'era moderna non sono mancati richiami alla necessità del ricorso alle armi. Basti ricordare le parole pronunciate da Papa Giovanni Paolo II nel 1983 a Vienna, in occasione delle celebrazioni della vittoria sui turchi di tre secoli prima: il Papa ebbe allora a sottolineare come, in alcuni casi, la lotta armata sia inevitabile. È stato sempre lattuale pontefice a ricordare il sacrificio dei caduti polacchi di Montecassino con parole che sembrerebbero anacronistiche se confrontate con la posizione ultrapacifista di certi ambienti cattolici di oggi: «La loro morte fu testimonianza della prontezza che allora caratterizzava l'intera società: dare la vita per la santa causa della Patria».
Non è da meno il Catechismo della chiesa cattolica, considerando che «la pace non è semplice assenza della Guerra» (Canone 2304) e sottolineando come la rinuncia alla violenza renda testimonianza alla carità evangelica solamente a condizione che «ciò si faccia senza pregiudizio per i diritti e i doveri degli uomini e della società» (Canone 2306). È sempre il Catechismo, comunque, a porre condizioni precise per l'esercizio della forza armata (con ciò implicitamente escludendo ogni pacifismo "di principio"): che il danno causato dall'aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo; che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci; che ci siano fondate condizioni di successo; che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare (Canone 2309).
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