La paura del papa
Da Il
manifesto di oggi
La paura del papa
MARCO D'ERAMO
Solo una stampa così indulgente col Vaticano come la nostrana può ridurre a piccante
feuilletton agostano quello che è un vero e proprio dramma all'interno della Chiesa,
cioè della più grande struttura multinazionale al mondo, almeno per numero di dipendenti
se non per fatturato: un'antesignana della globalizzazione a Verbo unico.
C'è un monsignore, Emmanuel Milingo, che sbeffeggia i più sacri precetti ecclesiastici:
non solo celebra un matrimonio pubblico (di fronte a 5.000 persone), ma aderisce alla
setta del reverendo Moon. Due peccati mortali, il primo perché infrange il celibato
ecclesiastico, il secondo perché costituisce una vera e propria apostasia. A confronto
delle sue gesta, appare veniale tutto quel che fu rimproverato a tanti eretici spediti al
rogo.
Eppure il Vaticano abbozza. Organizza due lunghi colloqui tra l'ex arcivescovo di Lusaka e
il pontefice (quando fino a ora, per anni, il papa aveva respinto ogni richiesta di
udienza). Perdona tutto. Non solo: perché possa reintegrare i ranghi della Chiesa, viene
concessa a Milingo una forma di divorzio, cioè qualcosa che viene negato anche ai fedeli
laici. Gli viene addirittura promessa una diocesi in Italia dove possa esercitare i suoi
riti (si parla addirittura di Monte Cassino). La clemenza, la mite remissività con cui il
Vaticano tratta le uscite di Milingo fa ancor più riflettere se la si paragona con la
ferrea rigidità esercitata 13 estati fa su monsignor Marcel Lefebvre. Nei confronti di
quei quattro gatti di tradizionalisti, la severità fu draconiana: il 13 luglio 1988,
Lefebvre fu scomunicato e dichiarato scismatico. Ora, il conflitto era cominciato 18 anni
prima, nel 1970, perché, in nome del tradizionalismo, l'ex arcivescovo di Dakar voleva
continuare a recitare la messa in latino invece che nelle varie lingue nazionali, come
deciso dal Concilio vaticano II. Una quisquilia di fronte al pubblico concubinaggio e
all'apostasia di un pastore di anime: eppure si è passati dall'anatema alla pacca sulle
spalle. L'atteggiamento della Curia nei confronti del prelato africano rasenta la
codardia e risulta inspiegabile nel clima trionfalistico del dopo Giubileo. Se il
pontificato di Giovanni Paolo II l'ha tanto rinforzata, come mai in quest'occasione la
Chiesa si dimostra così debole? Il fatto è che la nostra percezione della Chiesa e della
sua potenza è del tutto errata, fuorviata proprio dalle genuflessioni (bipartisan) dei
nostri
governanti e dal mellifluo servilismo dei Tg (gli stessi che si permettono di fare dello
spirito di pessimo gusto sulla sposa di Milingo, Maria Sung).
Da una prospettiva mediterranea, vediamo il cattolicesimo nel pieno del suo fulgore
revanscista, una Chiesa che ha praticamente riconquistato l'Italia come suo dominio
temporale. Ma vista da orizzonti australi, questa grande multinazionale della fede ci
appare in tutt'altra luce, minacciata dalle sette statunitensi, da mormoni, avventisti,
testimoni di Geova, reverendi Moon, battisti, o anche da similreligioni come scientology.
Che invadono il suo mercato con prodotti più economici, più trendy, più permissivi (per
esempio sulla poligamia). L'aggressivo marketing di queste sette viaggia
sulle ali di piccole compagnie aeree che raggiungono i più isolati villaggi delle
giungle, come i più sperduti paesetti della steppa: non per nulla cinesi e russi stanno
tentando - invano - di opporsi alla loro penetrazione. E il Vaticano si rende conto che la
vera minaccia a cui rischia di soccombere non è tanto il materialismo ateo del comunismo,
o l'irriverente illuminismo della protoborghesia, quanto il supermercato delle fedi
discount, dove sono in offerta speciale confezioni di buddismo zen misto a millenarismo
avventista e medicina ayurvedica. Le sette protestanti stanno scalzando la Chiesa
cattolica dall'America latina e avanzano fulminee in Africa. Si spiega così perché il
Vaticano si dimostrò tanto forte contro Lefebvre quanto debole si rivela contro Milingo:
nel clamoroso, istrionico matrimonio del prelato di Lusaka scorge un
pericolo letale, e cioè una minaccia di scisma africano, uno scisma in cui una parte
della Chiesa del continente nero ribalterebbe. Ma di fronte alla modernizzazione del sacro
non c'è battaglia di Montecassino che tenga.
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