Gesu' mori' su una croce?

PALO O CROCE?

Quello di seguito riportato è il testo delle pagine 333, 334, 338, 339, 341 del libro di Messori. I diritti sono riservati. Pur trattandosi di un lavoro valido dal punto di vista storico e quindi utile per disarmare "(certa) critica biblica", riteniamo presenti alcune evidenti tracce di pregiudizio religioso. Nel capitolo da cui sono prese le porzioni delle due pagine seguenti (XXXV. "Palo o Croce?") il Messori sferra un deciso nonché infondato attacco ai Testimoni di Geova. Trascuriamo le molte inesattezze che egli include attorno alla storia dei Testimoni di Geova e al primo presidente della Wacth Tower Charles Taze Russell, in quanto esulano dallo scopo di queste pagine. Esse sono evidente frutto delle ‘farneticanti rivelazioni’ di ex Testimoni di Geova in seguito divenuti agguerriti apostati della loro precedente religione. Ci spiace constatare il basso livello a cui arriva il famoso autore, pur di screditarne la reputazione e il credo.

 

TESTO DEL LIBRO

PROVE CHE LO CONFUTANO

 

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Se, dunque, come gli Stessi Testimoni ammettono, Gesù fu condannato a morte da un tribunale imperiale, lo fu ovviamente secondo la legge e la prassi romane (non è pensabile un Ponzio Pilato, spregiatore e provocatore di ebrei, preoccupato di rispettare, per le sue condanne, le prescrizioni del Deuteronomio e le interpretazioni dei rabbini...).

Tutto il racconto della Passione, in effetti, mostra che il mos romanorun, l’uso romano, fu puntualmente seguito: la crocifissione non era una sorta di linciaggio lasciato alla fantasia sadica della soldataglia o della folla, era la pena ufficialmente comminata per certi soggetti e per certi delitti. Dunque, seguiva un rituale predeterminato (di cui abbiamo numerosissime testimonianze nelle fonti antiche) come, del resto, avviene anche oggi in tutti i Paesi che hanno mantenuto la pena di morte.

Di quel tragico ma legale «rituale » abbiamo già esaminato molti aspetti in questa nostra ricerca: la flagellazione; il corteo con il condannato costretto a portare il suo stesso patibolo; il titulus — il cartello, cioè, con la causa poenae — la divisione delle vesti tra i soldati; la presenza dell’esercito romano con un ufficiale, un centurione; l’esposizione dei condannati in un luogo affollato fuori delle mura...

Se, dunque, tutto è stato compiuto secondo quanto prescriveva la legge imperiale (e si ricordi che i Testimoni di Geova pren-

Voce "Cross [Croce]", l’International Standard Bible Encyclopedia (1979) afferma: "In origine il gr. stauròs indicava un palo di legno appuntito verticale saldamente confitto nel suolo. . . . Venivano posti l’uno accanto all’altro in file, in modo da formare recinzioni o palizzate difensive intorno agli insediamenti, oppure eretti singolarmente come strumenti di supplizio su cui individui colpevoli di gravi reati venivano pubblicamente appesi per lasciarveli morire (o, se già uccisi, per disonorarne completamente i cadaveri)".

È vero che i romani usavano uno strumento di esecuzione chiamato in latino crux. E nel tradurre la Bibbia in latino la parola crux fu usata per rendere stauròs. Dato che la parola latina crux e quella italiana croce sono simili, molti presumono a torto che una crux dovesse necessariamente consistere in un palo con un braccio trasversale. Ma l’Imperial Bible-Dictionary dice: "Anche tra i Romani la crux (da cui deriva la nostra [parola] croce) pare fosse in origine un palo verticale, che costituì sempre l’elemento principale".

Il libro The Non-Christian Cross aggiunge: "In nessuno dei numerosi scritti che formano il Nuovo Testamento esiste una sola frase che, nel greco originale, costituisca anche una prova indiretta che lo stauros usato nel caso di Gesù fosse altro che un ordinario stauros [palo]; tanto meno che consistesse non di un solo pezzo di legno, ma di due inchiodati insieme a forma di croce". Può ben darsi che Cristo sia stato messo al palo su un tipo di crux (stauròs) chiamato crux simplex. Un palo del genere fu illustrato da Giusto Lipsio, studioso cattolico del XVI secolo nel suo libro De cruce libri tres, Anversa, 1629, p. 19. La fotografia della crux simplex in questa pagina è stata riprodotta dal suo libro.

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dono i vangeli, come tutta quanto la Scrittura, alla lettera: dunque, per essi non c’è alcun dubbio che le cose si siano davvero svolte così), se tutto, dunque, corrisponde al costume romano — visto che la condanna è stata inflitta dal procuratore e non dagli ebrei — perché si dovrebbe pensare che solo nell’impiegare un palo al posto di una croce si sarebbe seguita la prescrizione giudaica?

Prescrizione che tra l’altro — non lo si dimentichi — riguardava i cadaveri di condannati già giustiziati: nessun «palo», secondo il diritto di Israele, per uomini ancora vivi. Dunque, l’appendere a un palo Gesù per farlo morire non sarebbe stato affatto rispetto per la norma biblica, ma un suo tradimento intollerabile: Pilato, così, non si sarebbe fatto più «amici» gli ebrei ma, certamente, più nemici. In casi di emergenza (come durante l’assedio di Gerusalemme, nel 70, quando, come dice Giuseppe Flavio, venne addirittura a mancare il legno a causa della massa di ebrei fuggitivi crocifissi ogni giorno), i romani appendevano per le braccia — o per i piedi o in qualunque altra posizione —, come sembrava loro più comodo o come dettava il capriccio crudele.

Questo evidenzia come non si possa essere categorici nel dedurre che al mos romanorum bisogna invariabilmente associare l’uso della Croce (del resto Giovanni 18:39,40 mostra che il mos romanorum veniva adattato alle situazioni, e quindi modificato a seconda delle circostanze). Lo stesso Messori ammette ciò dicendo a pagina 334 del suo libro: "Non è escluso, dunque che [i romani] abbiano talvolta praticato l’appendere al palo"!

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Per tornare a quel greco che Russell e i suoi non conoscevano, si sostiene che lo stauròs del Nuovo Testamento, che la «cristianità satanica» ha sempre tradotto con «croce», in greco significherebbe «soltanto "palo verticale", come quelli usati per le fondamenta o per costruire una palizzata». Aggiunge l’appendice della più recente Bibbia geovista: «Non c’è nessuna prova che nelle Scritture greche cristiane stauròs significasse una croce come quella che i pagani usavano per simbolo religioso già molti secoli avanti Cristo (...) Manca completamente la prova che Gesù Cristo sia stato crocifisso su due pezzi di legno incrociati. Noi non vogliamo

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aggiungere nulla alla Parola scritta di Dio, inserendo nelle Scritture ispirate il concetto pagano della croce, ma traduciamo il greco stauròs secondo il significato più semplice».

Ora: è vero che stauròs significa «palo», usato per fini «pacifici», come quelli per l’edilizia. Ma è anche verissimo — e attestato da innumerevoli autori antichi (e pagani) — che, essendo la sua etimologia legata al verbo «drizzare», «piantare nel terreno», passò pure a indicare lo strumento di tortura e di morte che conosciamo.

Il quale, ovviamente, non aveva sempre la forma a due braccia: ma aveva anche questa. Anzi, solo questa quando lo impiegavano i romani. Come attesta il dodicesimo volume del classico Grande Lessico del Nuovo Testamento di Kittel-Friedrich, quando non si trattava di «croce» come noi l’intendiamo, ma del semplice «palo» così caro ai geovisti, si preferiva distinguere, e al posto di stauròs si usava il termine skòlops che significa «palo appuntito al l’estremità superiore». E tale differenza tra i due vocaboli è nota anche al Nuovo Testamento.

Ma quei Testimoni non demordono e scrivono, sin dalle note della loro traduzione della Bibbia: «Anche il latino crux significa "palo semplice". "Croce" è solo un significato posteriore di crux». C’è da chiedersi se, quegli americani, le lingue classiche le abbiano imparate davvero bene. Come mostra anche un semplice vocabolario scolastico, «palo» in latino si dice palus, adminiculum (quando è usato per sostegno), vallus (quando è usato per una staccionata, soprattutto quella per cingere i castra, gli accampamenti militari). Se è usato come strumento di tortura, gli autori classici dicono: ad palum alligare; figere in palum e non usano il termine crux, impiegato (checché ne dicano a Brooklyn) proprio per la nostra «croce». Le prime traduzioni latine della Scrittura, soprattutto del Nuovo Testamento, risalgono a circa il 180: ebbene, tutte intendono stauròs (quando ancora il greco era non solo parlato ma era lingua internazionale, e quando ancora le crocifissioni erano all’ordine del giorno), non certo come palus, ma come crux.

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...Inoltre, il t (tau, in greco) è tra i più antichi segni per indicare velatamente la croce

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E. W. Vine (eminente grecista) riferendosi allo strumento per l’uccisione di un malfattore dice che stauròs significa "palo". Sia il sostantivo stauròs che il verbo stauroo si riferiscono al fissare a un asta o palo. Inoltre il Dizionario illustrato Greco –Italiano di H. G. Liddell e R. Scott alla voce stauroV come prima definizione da "palo conficcato nel terreno per servire come sostegno di palafitte", mentre è usato solo "metaforicamente" è utilizzato per descrivere una croce nel N.T.

 

Il Dizionario dei Concetti Biblici del Nuovo Testamento EDB (pag. 416) dice che "il verbo [anastauròo] …è intercambiabile, senza apprezzabili variazioni di significato, con anakremànnymi e anascolopìzo che significano sempre appendere (in pubblico)…stauròs può quindi significare il palo (a volte appuntito in alto). Gli scrittori neotestamentari (At5:30; 10:39; 13:29; Gal 3:13; 1Pt 2:24) sostituiscono stauròs con xylon ( ξυλον letteralmente “legno”, tagliato e pronto per l’uso, sia legna da ardere, sia legname da costruzione, e al singolare “pezzo di legno, tronco, trave, palo). Xìlon ricorre tra l’altro nella LXX in Esdra 6:11 dove si parla di "un’unica trave o pezzao di legno" su cui doveva essere messo a morte (al palo) il violatore della Legge

E' l’autorevole storico romano TITO LIVIO a usare crux con il significato di "palo semplice"!

Va comunque sottolineato che il latino era la lingua della Roma imperiale e perciò la lingua ufficiale dell’impero. Non sorprende dunque che nel NT si trovino alcuni latinismi. Il latino fa sentire in vari modi la sua presenza nel NT dove ricorrono oltre 40 nomi propri latini di persone e luoghi.(es.: Aquila, Luca, Marco, Paolo, Cesarea, Tiberiade ecc.) Sempre in questa parte della Bibbia troviamo l’equivalente greco di una trentina di termini latini di natura domestica, economica, giudiziaria e militare. (es.: denarius (denaro), speculator (greco, spekoulàtora, "guardia del corpo"), praetorium (greco, praitòrion, "palazzo del governatore") e centurio (greco, kenturìon, "ufficiale dell’esercito" o centurione). — Marco 6:27; 15:16, 39; Matteo 20:2. Ricorrono anche certi latinismi fraseologici come "desiderando soddisfare la folla" (Marco 15:15) e "dopo aver preso una cauzione sufficiente". (Atti 17:9) Pure la sintassi del periodo risente a volte delle influenza del latino. I latinismi sono presenti soprattutto in Marco e in Matteo; Marco vi ricorre più di qualsiasi altro scrittore biblico. Questo avvalora la convinzione che abbia scritto il suo vangelo da Roma, pensando ai credenti romani il suo greco semplice e popolare è disseminato di traslitterazioni latine, una tendenza del tutto naturale per una persona di lingua greca abitante a Roma. Dato che Matteo e Marco usano ripetutamente stauròs (Marco 15:21,25,30,32) non avrebbero forse usato il termine latino crux, se volevano specificamente intendere una croce?

E. W. Vine (eminente grecista) ci dice nel suo An Expository Dictionary of New Testament Words che la forma della croce ebbe origine nell’antica Caldea, ed era usata come simbolo del dio Tammuz (essendo a forma del mistico Tau, iniziale del suo nome) in quel paese e nei paesi limitrofi, incluso l’Egitto.

Significativo è questo commento tratto dal libro The Cross in Ritual, Architecture, and Art: "È strano, eppure certo, che in epoche molto più antiche della nascita di Cristo, e, successivamente, in paesi non raggiunti dagli insegnamenti della Chiesa, la Croce sia stata usata come simbolo sacro. . . . Il greco Bacco, il tiro Tammuz, il caldeo Bel e il norvegese Odino furono tutti simboleggiati presso i loro devoti da un oggetto cruciforme". — G. S. Tyack, Londra, 1900, p.1.

 

 

 

Louis Rèau, autorità francese nel campo dell’arte religiosa, scrisse: "I Vangeli non ci dicono nulla di specifico circa la forma della croce. La parola greca σταυρως (stauros) può significare un semplice palo, e non implica come il latino crux l’incrocio di due bracci. Pare che in origine Cristo fosse rappresentato affisso ad un palo"*. Giacché la Bibbia non ne descrive la forma e le parole greche usate nel vangelo significano "palo" o "albero" anziché croce, allora quelli che dicono su cui morì Gesù aveva un braccio trasversale hanno la responsabilità di dimostrarlo. Poiché nei vangeli e lettere non fu descritta alcuna "adorazione della croce", dato che era un simbolo sacro ai pagani, chiaramente oggi non se ne può raccomandare ai veri cristiani l’adorazione.

 

 

 

*Come è evidente da questo dipinto medievale, fu solo in un successivo periodo di tempo che si cominciò ad associare il simbolo della croce alla morte del Cristo, mentre i due ladroni continuarono a rimanere appesi al palo!

 

 

* Circa al significato originale dei termini stauròs e xìlon è interessante notare questa scultura di epoca classica in cui viene rappresentato Marsia satiro e dio della mitologia greca (rep. MA 542 Louvre, Parigi). Si tratta di un sileno localizzato in Frigia. Figura come inventore del flauto a due canne. Fiero della sua scoperta sfidò il dio Apollo a una gara musicale. Apollo vinse e punì Marsia appendendolo a un albero e scorticandolo. Tale scultura rende molto bene il senso di ciò che intendono i termini greci Palo, Legno o albero.

 

Lasciamo al lettore la facoltà di concludere se davvero la morte di Gesu' Cristo sia avvenuta su uno strumento a forma croce, come afferma la chiesa cattolica, che ne fa oggi ampio uso, talvolta anche commerciale; oppure se la forma dello strumento sia stata piu' probabilmente quella di un semplice palo. Infine se sia lecito trarre conclusioni certe riguardanti l'argomento in base alle prove in nostro possesso.

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