Soldi, tasse e cardinali
(tratto da www.cnnitalia.it)
16 luglio 2001
Articolo messo in Rete alle 22:25 ora italiana (20:25 GMT)
NAPOLI (CNN) -- Il cardinale di Napoli, Michele Giordano, assolto nel 2000 dalle accuse di associazione a delinquere finalizzata all'usura, di usura continuata e di appropriazione indebita, è di nuovo al centro di una vicenda giudiziaria.
La procura di Napoli ha presentato una richiesta di rinvio a giudizio di Giordano - oltre che di altri indagati - ipotizzando i reati di concorso in frode fiscale e di concorso in falso in bilancio.
L'indagine riguarda l'acquisto di tre capannoni nel comune di Casoria, vicino a Napoli, compiuto dall'Istituto opere di religione della diocesi partenopea. Nell'atto notarile venne indicato come prezzo della compravendita il valore catastale dei capannoni, inferiore di circa un miliardo a quello commerciale, realmente pagato dalla diocesi.
Secondo l'accusa, la differenza sarebbe stata sottratta al fisco e intascata dai componenti del consiglio di amministrazione della società Sirio, venditrice degli immobili, accusati di frode fiscale e falso in bilancio.
Il cardinale, rappresentante legale dell'Istituto opere di religione, concorrerebbe nei reati contestati ai rappresentanti della società, in quanto corresponsabile dell'indicazione non veritiera del prezzo di compravendita nel contratto.
La nuova inchiesta abbattutasi oggi sul cardinale è frutto di indagini cominciate due anni e mezzo fa e nate da una costola dell'inchiesta lucana.
Dall'esame dei documenti contabili acquisiti durante i controlli della procura di Lagonegro, infatti, emersero sospetti di irregolarità su alcune operazioni condotte dalla diocesi o da enti ad essa collegati.
Alle accuse della procura napoletana, l'avvocato del cardinale, Alfonso Maria Stile, ha risposto sostenendo che l'acquisto del capannone da cui è partita l'inchiesta "era avvenuto previa autorizzazione della Congregazione per il clero della Città del Vaticano".
Con il contributo di ANSA
23 dicembre 2000
Articolo messo in Rete alle 00:03 ora italiana (23:03 GMT)
POTENZA (CNN) -- Il cardinale di Napoli, Michele Giordano, è stato assolto con formula piena dal gup del Tribunale di Lagonegro (Potenza), Vincenzo Starita. Il gup ha assolto con la stessa formula anche il nipote del cardinale, Nicola Giordano.
Il cardinale doveva rispondere di associazione a delinquere finalizzata all'usura, di usura continuata e di appropriazione indebita. Per questi capi di accusa il pubblico ministero Michelangelo Russo aveva chiesto qualche giorno fa la condanna a tre anni di reclusione.
Per il nipote del cardinale, Nicola Giordano, imputato di associazione per delinquere finalizzata all'usura e usura continuata, il pm aveva chiesto la condanna a due anni.
Il cardinale e il nipote Nicola avevano chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato il 18 novembre scorso, durante l'udienza preliminare nella quale il giudice per l'udienza preliminare era stato chiamato a decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio per altri 23 indagati nell'inchiesta. Il presule aveva motivato la richiesta con il desiderio di "riavere in fretta onore e dignità''.
''Il cardinale andrà a dormire sereno - ha detto l'avvocato Enrico Tuccillo, uno dei suoi difensori - perché domani deve continuare la sua attività pastorale''.
La reazione del Vaticano alla sentenza è stata affidata al portavoce Joaquin Navarro Valls. ''La notizia è stata accolta con vivo compiacimento della Santa Sede", ha dichiarato Navarro. Tuttavia, "non si può dimenticare l'avvenuta violazione del Concordato", ovvero il trattato che regola i rapporti tra Stato italiano e Chiesa, "per la mancata comunicazione a suo tempo alla competente autorità ecclesiastica dell'emissione di un avviso di garanzia nei confronti del cardinale".
"Sin dall'inizio del procedimento - ha aggiunto Navarro - è apparsa certa l'estraneità del cardinale Giordano" alle vicende di usura oggetto delle indagini: secondo il portavoce vaticano "l'innocenza del cardinale si sarebbe dovuta proclamare immediatamente".
La voce ufficiale del Vaticano affema poi che "a conclusione del processo non si può non deplorare che una persona, ora riconosciuta innocente, abbia dovuto subire un danno così grave e prolungato per due anni e mezzo, un danno che indirettamente si è riversato anche su istituzioni della Chiesa".
- 21 febbraio 1997: Antonio Stipo e Leonardo Tatalo denunciano allo Scico della Guardia di Finanza presunte attività usurarie a Sant'Arcangelo (Potenza). Le indagini portano alla scoperta della cosiddetta ''cooperativa del credito''. Ben presto le persone coinvolte nell' inchiesta sono una cinquantina.
- 9 febbraio 1998: in base ad alcuni movimenti bancari rilevati nel corso delle indagini nel mese di febbraio del 1998, la procura di Lagonegro ordina accertamenti patrimoniali e bancari sul conto del cardinale, poi iscritto nel registro degli indagati per l'ipotesi di concorso esterno alle attività usurarie.
- 20 agosto 1998: arrestati il fratello del cardinale Mario Lucio Giordano e l'ex direttore dell'agenzia di Sant'Arcangelo del Banco di Napoli, Filippo Lemma. Scarcerati il 6 settembre.
- 22 agosto 1998: Guardia di Finanza e Pm si presentano alla Curia di Napoli. Avviso di garanzia al cardinale. La vicenda esplode fino a far temere ripercussioni sui rapporti tra Italia e Santa Sede.
- dicembre 1998: comincia l'inchiesta della Procura della Repubblica di Napoli sul cardinale. Nell'inchiesta di Lagonegro il cardinale non è più indagato come ''concorrente esterno'' ma come compartecipe alle attività usurarie in qualità di ''finanziatore occulto''.
- 7 maggio e 20 ottobre 1999: primo e secondo interrogatorio del cardinale.
- 18 novembre 1999: richiesta di rinvio a giudizio per il cardinale e altre 24 persone.
- 26 maggio 2000: comincia l'udienza preliminare per decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio.
- 18 novembre 2000: il cardinale e il nipote Nicola Giordano chiedono il rito abbreviato.
La notizia del coinvolgimento del caridnal Giordano non aveva stupito non solo per la figura dell'indagato ma anche perché il cardinale è noto per le sue dure prese di posizione pubbliche contro l'usura.
I difensori del cardinale avevano ipotizzano subito una violazione del Concordato tra Stato e Chiesa, perché il Vaticano non era stato informato dell'apertura di un'indagine su un arcivescovo.
I rapporti tra la Curia e la procura di Lagonegro si erano poi fatti sempre più tesi fino a quando, nel dicembre '98, gli inquirenti avevano ipotizzato a carico di Giordano non più il concorso esterno in una associazione finalizzata all'usura ma la diretta e consapevole partecipazione alla banda.
In risposta il cardinale attaccò la procura definendola ''colabrodo'' per le fughe di notizie uscite sulla stampa, e affermando di ''non aver alcuna fiducia nei tre di Lagonegro'' titolari delle indagini, cioè il procuratore capo Michelangelo Russo, il sostituto Manuela Comodi e il tenente della Finanza Fiorenzo Fioravanti (in seguito arrestato per concussione).
Qualche mese prima, il 4 settembre, il cardinal Giordano era stato ricevuto in udienza privata dal Papa.
Durante l'inchiesta l'arcivescovo sottolinea di ''continuare a godere della fiducia dei fedeli''; qualcuno di loro però chiede le sue dimissioni e c'è anche chi lo contesta in occasioni pubbliche, come la festa di San Gennaro o quella dell'Immacolata. Un atteggiamento destinato a cambiare ora che il porporato ora è stato assolto con formula piena.
Con il contributo di ANSA
16 dicembre 2000
Articolo messo in Rete alle 17:10 ora italiana (16:10 GMT)
Il Cardinale Michele Giordano |
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LAGONEGRO, Italia (CNN) -- Tre anni di reclusione. Questa la richiesta del pubblico ministero Michelangelo Russo per il Cardinale di Napoli Michele Giordano. Si è conclusa così, sabato a Potenza, la requisitoria del pm nel processo con rito abbreviato, nel quale l'arcivescovo è imputato di associazione per delinquere finalizzata all'usura, usura continuata e appropriazione indebita.
Per il nipote del Cardinale, Nicola Giordano, che è imputato di associazione per delinquere finalizzata all'usura e usura continuata, il pubblico ministero ha chiesto la condanna a due anni di reclusione.
Appena uscito dall'aula, avvicinato dai giornalisti, Russo non ha voluto fare dichiarazioni.
L'inchiesta della procura di Lagonegro sull'usura in Val d'Agri è cominciata circa quattro anni fa ed è entrata nel vivo nel 1997 con le denunce fatte da Leonardo Tatalo e Antonio Stipo allo Scico della Guardia di finanza.
In base ad alcuni movimenti bancari rilevati nel corso delle indagini nel mese di febbraio del 1998, la procura di Lagonegro dispose accertamenti patrimoniali e bancari sul conto del cardinale, poi iscritto nel registro degli indagati per l'ipotesi di concorso esterno alle attività usurarie.
Il 20 agosto del 1998 furono arrestati Mario Lucio Giordano, fratello del cardinale, e Filippo Lemma, ex direttore dell'agenzia di Sant'Arcangelo (Potenza) del Banco di Napoli, entrambi scarcerati dopo 17 giorni dal Tribunale del riesame per mancanza di esigenze cautelari.
Il 22 agosto 1998 la Guardia di finanza si presentò alla curia di Napoli e al cardinale fu notificato un avviso di garanzia. Le Fiamme gialle tornarono in curia il 17 dicembre e diedero esecuzione a un decreto di perquisizione dal quale si rilevava una diversa posizione processuale dell'arcivescovo di Napoli: non più concorrente esterno nei fatti di usura, ma compartecipe delle attività usurarie quale "finanziatore occulto".
Un'accusa fermamente respinta dal cardinale Giordano, interrogato due volte dai magistrati il 7 maggio e il 20 ottobre del 1999.
Il rito abbreviato è stato chiesto dal cardinale medesimo e dal nipote Nicola il 18 novembre scorso, durante l'udienza preliminare nella quale il giudice per l'udienza preliminare era stato chiamato a decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio per altri 23 indagati nell'inchiesta.
10 dicembre 2000
Articolo messo in Rete alle 17:06 ora italiana (16:06 GMT)
ROMA (CNN) -- Comincerà domani - lunedì 11 - a Lagonegro, davanti al giudice per l'udienza preliminare Vincenzo Starita, il rito abbreviato per il cardinale di Napoli Michele Giordano, accusato di associazione per delinquere finalizzata all'usura e di appropriazione indebita.
Oltre all'arcivescovo di Napoli sarà giudicato con il rito abbreviato suo nipote, Nicola Giordano. Il giudice per l'udienza preliminare (Gup), oltre alla udienza di domani, ne ha programmate altre tre il 16, il 18 e il 22 dicembre, quando probabilmente emetterà la sentenza.
Tuttavia il 22 dicembre potrebbe non essere la data di conclusione del rito, sia perché il Gup ha la possibilità di disporre altre attività istruttorie, sia per gli eventuali riflessi dello sciopero degli avvocati penalisti che è in programma anche il 18 dicembre, una delle date delle udienze.
L'inchiesta della procura di Lagonegro sull'usura in Val d'Agri è cominciata circa quattro anni fa ed è entrata nel vivo nel 1997 con le denunce fatte da Leonardo Tatalo e Antonio Stipo allo Scico della Guardia di finanza. In base ad alcuni movimenti bancari rilevati nel corso delle indagini nel mese di febbraio del 1998, la procura di Lagonegro dispose accertamenti patrimoniali e bancari sul conto del cardinale, poi iscritto nel registro degli indagati per l'ipotesi di concorso esterno alle attività usurarie.
Il 20 agosto del 1998 furono arrestati Mario Lucio Giordano (fratello del cardinale) e Filippo Lemma, ex direttore dell'agenzia di Sant'Arcangelo (Potenza) del Banco di Napoli, scarcerati dopo 17 giorni dal Tribunale del riesame per mancanza di esigenze cautelari.
Il 22 agosto 1998 la Guardia di finanza si presentò alla curia di Napoli e al cardinale fu notificato un avviso di garanzia. Le Fiamme gialle tornarono in curia il 17 dicembre e diedero esecuzione a un decreto di perquisizione dal quale si rilevava una diversa posizione processuale dell'arcivescovo di Napoli: non più concorrente esterno nei fatti di usura, ma compartecipe delle attività usurarie quale "finanziatore occulto".
Un'accusa fermamente respinta dal cardinale Giordano, interrogato due volte dai magistrati il 7 maggio e il 20 ottobre del 1999.
Il rito abbreviato è stato chiesto dal cardinale e dal nipote Nicola il 18 novembre scorso, durante l'udienza preliminare nella quale il Gup è stato chiamato a decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio per altri 23 indagati nell'inchiesta: questa udienza proseguirà il 29 gennaio del 2001.
19 novembre 1999
NAPOLI (CNN) -"Dobbiamo aspettare il giudizio dei giudici". E' questo l'unico commento diretto del cardinale Michele Giordano sulla richiesta di rinvio a giudizio per usura avanzata ieri nei suoi confronti dalla Procura di Lagonegro.
"Mi sono imposto, su questa vicenda giudiziaria, silenzio assoluto", ha aggiunto: ma se tace sull'inchiesta, in compenso il prelato attacca molti bersagli: i giornalisti che "per campare sono asserviti ai loro padroni", lo Stato che "sta diventando confessionale al contrario, cercando di imporre una certa cultura in ogni modo", i cattolici che "vogliono farsi perdonare di essere tali".
Sede di questa esternazione è stata la conferenza programmatica del Movimento cristiano dei lavoratori, dove nel pomeriggio Giordano è stato accolto da lunghi applausi. Il prelato è apparso sereno e sorridente: per tutta la giornata né lui né i suoi collaboratori avevano voluto rilasciare dichiarazioni. Un comportamento anomalo: di solito infatti nei momenti caldi dell'inchiesta il Cardinale o l'ufficio stampa della Curia avevano sempre fatto sentire la propria voce. La scelta del riserbo è stata sposata anche dal Vaticano: il portavoce della Santa Sede, Joaquin Navarro Valls, non ha risposto alle domande dei giornalisti che gli chiedevano della vicenda.
La Procura ha chiesto il rinvio a giudizio anche per due sacerdoti: Michele Cudemo, parroco di Sant'Arcangelo, vicino Potenza, e Pietro Dilenge. Quest'ultimo è stato presidente della Banca di Credito Cooperativo di Aliano di Matera e poi vicepresidente della Banca di Credito Cooperativo Agrisauro, istituto al centro delle indagini. Don Cudemo è accusato di usura, don Dilenge di appropriazione indebita.
In difesa del cardinal Giordano si è fatto sentire 'Avvenire'. Il giornale dei vescovi ha avuto toni polemici: "Come mai un procedimento che si è dispiegato per lunghi, fin troppi, mesi giunge a conclusione proprio nei giorni in cui la cattolicità italiana è riunita a Napoli per uno dei suoi appuntamenti più significativi?" "Una coincidenza - prosegue - non solo sospetta ma sgradevole, dalla quale inevitabilmente scaturiscono domande amare". Una posizione ribadita da Dino Boffo, direttore del quotidiano, nel suo intervento alla Settimana sociale dei cattolici italiani.
E' polemica anche la reazione degli avvocati del Cardinale. Uno dei due legali, Enrico Tuccillo, esprime il dubbio che la richiesta della procura possa essere nulla: "All'arcivescovo era giunto dalla Procura un invito a comparire per il 16 novembre, giorno in cui io ero all'estero e il Cardinale doveva inaugurare le Settimane sociali, con Fazio e Ruini. Essendoci questo doppio impedimento avevamo chiesto al procuratore Russo un rinvio, ed eravamo ancora in attesa di fissare la nuova data quando ci siamo visti giungere la richiesta di rinvio a giudizio". L'obbligo per il pm di ascoltare l'indagato sarebbe dunque stato violato, e ciò - sottolinea Tuccillo - "potrebbe far profilare una possibile nullità".
Il sostituto procuratore Manuela Comodi, che ha seguito le indagini, risponde con il silenzio. Il magistrato si è limitata a emettere un comunicato stampa in cui si dice "meravigliata" per le accuse dei difensori di Giordano, e definisce una pura coincidenza il fatto che il terzo interrogatorio dell'arcivescovo, previsto per martedì scorso, sia arrivato durante la "Settimana sociale dei cattolici italiani", in corso proprio nella città partenopea.
L'udienza preliminare che deciderà se il cardinale Giordano dovrà essere processato si svolgerà a febbraio nel Tribunale di Lagonegro. Se la richiesta di rinvio a giudizio sarà accolta, Giordano sarà il primo principe della Chiesa a finire davanti a una corte italiana.
Una singolarità che crea non pochi problemi: per cercare di risolverli, pochi mesi dopo l'inizio dell'inchiesta lo stato e la Santa Sede costituirono una commissione mista con lo scopo di armonizzare il Concordato e le leggi italiane su alcuni aspetti giuridici, fra cui la tutela dei vescovi in caso di inchieste giudiziarie. La commissione però non ha ancora raggiunto nessun risultato.
La legge italiana e il diritto canonico sono "due ordinamenti indipendenti e non comunicano tra loro - spiega l'esperto di diritto penale ecclesiastico, il gesuita Velacio De Paolis - per cui il processo al cardinal Giordano "va avanti senza toccare la legislazione canonica, configurando una situazione che interesserà il Concordato tra Italia e Santa Sede".
Con il contributo di ANSA
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