Lo stipendio del Papa

Sabato 7 Luglio 2001 - Da 'La Stampa'

S’incrina uno dei segreti finora meglio custoditi <http://www.lastampa.it/LST/ULTIMA/LST/NAZIONALE/CRONACHE/titles.htm>  stipendio del Pontefice 

CITTÀ DEL VATICANO ANCHE il Papa prende uno stipendio? L’inedito dubbio è stato insinuato dal cardinale Sergio Sebastiani, presidente della Prefettura degli affari economici della Santa Sede, presentando il bilancio consolidato della Santa Sede. A dire il vero, una persona nella sua posizione, più che creare curiosità dovrebbe soddisfarle, perchè è uno degli uomini - non molti - con un occhio sulle entrate e le uscite pecuniarie dei Sacri Palazzi. O almeno su una parte di essi. Perchè ogni amministrazione è gelosa della sua autonomia. Il cardinale risponde alla domanda di una giornalista americana. Il Papa percepisce uno stipendio? Risponde il presidente dell’Apsa (Amministrazione patrimonio sede apostolica, la banca vaticana): «Penso di sì, perchè no? È una cosa normale». La questione suscita curiosità, le richieste di dettagli si accavallano. Sebastiani forse si rende conto di aver detto una cosa di troppo: «Sì, è normale, anche il capo dello Stato italiano prende uno stipendio, che c’è di strano? Ma non so altro, nè di quanto è, nè come è regolato». Il moderatore, il vicedirettore della Sala stampa vaticana, padre Ciro Benedettini, cala la saracinesca. Tutto lascia pensare che il Pontefice goda di un «appannaggio» di qualche tipo; e se è così, è uno dei segreti meglio custoditi del Vaticano. In teoria non ne avrebbe bisogno, perchè a norma del codice di Diritto canonico è capo supremo della Chiesa, con poteri e attribuzioni illimitati. Sempre in teoria, ha la disponibilità di tutto, da San Pietro fino all’ultima parrocchia in montagna. In pratica non è così. Quando si era nel vortice della tempesta Ior, Giovanni Paolo II chiese l’elenco dei conti correnti della banca, con importi. Depositano presso lo Ior tutti gli ordini religiosi, gelosi del proprio tesoro. La banca rispose: santità, spiacenti, ma non possiamo violare il rapporto di fiducia con i clienti. Allo Ior, l’Istituto per le opere religiose, ha il suo conto corrente anche il Pontefice; ed esiste un libretto di assegni, anche se la firma sui rettangoli di carta non è la sua. Oltre all’appannaggio svelato dal cardinale Sebastiani, il Pontefice dispone di altre entrate. La prima, e più importante, è l’Obolo di San Pietro, offerte raccolte in tutte le chiese cattoliche del mondo il 29 giugno, festa di Pietro e Paolo. Grazie all’Obolo, prima che le finanze trovassero un equilibrio negli Anni ‘90, veniva colmato il cronico buco di bilancio della Santa Sede. La gestione dell’Obolo è affidata a un prelato torinese, monsignor Gianfranco Piovano. Al secondo posto la Carità del Papa: lasciti anonimi, e assegni che i responsabili di associazioni ed enti ricevuti in udienza lasciano scivolare con discrezione. Non è un segreto il «piatto cardinalizio», appannaggio mensile di un porporato di Curia: 5 milioni. <http://www.lastampa.it/LST/ULTIMA/LST/NAZIONALE/CRONACHE/STIPENDIO.htm>

Il risultato positivo grazie a investimenti in obbligazioni. La Santa Sede avrà gli euro con il volto del Pontefice Vaticano, bilancio in superattivo: anche il Papa ha uno stipendio ROMA - L’effetto Giubileo, la tenuta del dollaro ma anche l’aver abilmente dribblato sul mercato azionario, giocando accortamente sulla compra-vendita dei titoli, evitando la «trappola della new economy» e ancorandosi alle obbligazioni americane, ha permesso alla Santa Sede di spuntare il record positivo del suo bilancio con uno score di 17 miliardi. Sembra una cifra modesta, ma la Santa Sede, da non confondere con la multinazionale Chiesa Cattolica, è una piccola azienda nella quale lavorano 2.700 dipendenti ecclesiastici e laici. Per loro e per le necessità generali amministrative e di gestione ha speso nel 2000 poco più di 404 miliardi. Da sette biblici anni i suoi amministratori sono riusciti a far quadrare il bilancio, dopo ben 23 di rosso costante, inventando un sistema di tassazione «libera» ma di fatto non eludibile. È stato chiesto alle diocesi di tutto il mondo di contribuire a mantenere la curia romana, ciascuna in proporzione alle sue possibilità. Risultato: oltre 43 miliardi nel 2000, con un incremento di 2 miliardi rispetto al ’99. A questa «onda oblativa», come l’ha definita il cardinale Sergio Sebastiani, ministro delle Finanze e del Bilancio della Santa Sede, che ha presentato ieri i risultati, si è aggiunta una «massa oblativa» di 78,5 miliardi venuta dagli ordini religiosi e dalle tasche di facoltosi o semplici fedeli tutti rigorosamente anonimi. Nell’entusiasmo per i risultati il cardinale Sebastiani si è lasciato sfuggire forse una parola di troppo. Sollecitato da una giornalista americana ha affermato che anche il Papa ha il suo bravo stipendio. «È normale. Anche il Capo dello Stato italiano prende uno stipendio. Che c’è di strano? Ma non so a quanto ammonti né come è regolato». Il Pontefice dispone di un conto allo Ior, la Banca del Vaticano, che lo alimenta con un’offerta annuale a chiusura dei suoi bilanci. Molte offerte gli giungono da privati. Gli vengono poi devolute le somme raccolte in varie collette istituzionalizzate da anni, se non da secoli, come «l’Obolo di San Pietro» raccolto in tutte le chiese del mondo il 29 giugno per la festa dell’Apostolo. In occasione del Giubileo anche l’Obolo ha subìto un incremento record, raggiungendo la cifra di 133,3 miliardi di lire. Ma non si pensava fino a oggi a un vero e proprio stipendio del Capo della Chiesa, che è anche il monarca assoluto della Città del Vaticano, perché in realtà si riteneva che la Prefettura per gli Affari Economici si limitasse a fornire le somme necessarie alla vita di quella piccola e, in realtà, molto semplice comunità nella quale vive il Pontefice al terzo piano del palazzo apostolico. Forse il solo stipendio lo riceve l’aiutante di camera Angelo Gugel. Modesti certamente i compensi destinati alle cinque religiose polacche che assistono Papa Wojtyla, mentre i due segretari sono prelati in forza alla Prefettura della Casa pontificia e alla Segreteria di Stato. Lo stipendio cardinalizio oggi ammonta a 4 milioni e mezzo di lire, il più alto della Curia romana; il più basso non supera i 2 milioni. I vantaggi? Niente tasse, benzina a prezzo stracciato e accesso al mercato annonario. Come ciliegina sulla torta del bilancio dell’anno giubilare, il cardinale Sebastiani ha infine confermato che sull’Euro il Vaticano l’ha spuntata sulle resistenze, soprattutto francese, benché non sia membro della Comunità Europea. Grazie alla sua convenzione con l’Italia, rinegoziata su quella lateranense del 1929, potrà contare su una sua piccola quantità di euro coniata dalla Zecca italiana con l’effige di Giovanni Paolo II.

Bruno Bartoloni
<http://www.corriere.it/edicola/index.jsp?path=TUTTI_GLI_ARTICOLI&doc=VAT>

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